Ho trovato estremamente interessante questa intervista- raccolta di domande che gli studenti fanno ad Andreas... si torva nel suo blog. Sottolineo e metto in grassetto le parti che maggiormente mi hanno colpito e che reputo importanti
@Matteo: Anche lei infatti sarà stato sicuramente scolarizzato.
Non molto. Ho studiato poco di quello che dovevo e spesso male. Studiavo solo quello che mi piaceva e spesso non era roba di scuola. Io a scuola sono stato piuttosto male. Non mi sono mai sentito all’altezza di quello che si aspettavano da me. Poi ho capito, tardi, che non ero adatto a quel tipo di comunicazione. Soffocavo quindi e reagivo con aggressività e disprezzo. Un’esperienza formativa? Non te lo saprei proprio dire.
Le cose che mi sono servite nel mio lavoro successivo le ho imparate quasi tutte dopo.
I mie figli? Sì, sono andati in una scuola pubblica perché i genitori non possono sostituirsi al mondo, credo che non debbano. Tuttavia rivivere la scuola attraverso ciò che hanno fatto per me è stata una grande sofferenza. Vedere tutto il lavoro che la scuola obbliga a fare per me è terribile. Non serve, distrugge la creatività, omologa e, visto il clima che si vive di fatto a scuola (fogliolini, sotterfugi), è terribilmente non formativo: educa ad una trita competitività e ad un deleterio servilismo. Non esistono occasioni e tempo per educare il pensiero ed il cimento personale.
Cercare di apparire qualcosa è la via per la superficialità. La conoscenza e la pienezza di vita possono essere alimentate solo dallo stupore e la passione per la realizzazione di un ideale. Nessuna donna o uomo ha mai conosciuto niente cercando di apparire qualcosa.
Vai a vedere le biografie dei grandi e troverai quasi sempre grande semplicità e umiltà. Michelangelo Buonarroti scrisse ad un nipote:
” … sono solo un pover’uomo …”
L’aristocrazia è un concetto assolutamente deleterio che evoca diritti acquisiti per semplice appartenenza.
Il grande è tale solo in virtù di
- stupore
- passione
- perseveranza
Il resto è roba da commercianti o arrivisti che nessuno ricorderà.
@Alessandro
In modo diverso? Molto meno di quanto sembra, magari solo in quanto osservatori coscienti. Una mera questione di sistema di riferimento.
@Lorenzo
Visione ottocentesca troppo semplificata. La materia prima non è fatta di “cose”. La mente non è un computer con un hard disk sul quale prima si copia il sistema operativo e poi si carica nella ram. La conoscenza è una cosa che *cresce* nella mente nutrendosi in modo equilibrato di nozioni e sperimentazioni. La mente si è evoluta così nei precedenti 30000 anni.
Poi, che la maggior parte di noi ha vissuto con i foglietti è un altro discorso che, ha ragione, è tipicamente italiano, perché all’estero quando uno studente vede due che copiano, SI ALZA e DICE: “oh, loro copiano”. Da noi se ti azzardi a dirlo sei un giuda…
Orribile. Lo fanno non per paura del delatore - il delatore è una figura umanamente schifosa - lo fanno perché capiscono che è dannoso per loro stessi fare così. Una cosa assolutamente diversa.
Il mio non è un voler ridurre l’apprendimento ad una questione di copio-non copio; spero che capisca che io (forse sono scolarizzato?) voglio solo salvaguardare il sistema: vado all’esame per dimostrare che ho imparato qualcosa, che conosco.
Conoscere è ben più (enormemente di più e completamente diverso) di avere imparato qualcosa.
che dite..
potremmo girarla ai nostri alunni e sentire che ne pensano...
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